Artisti russi e vergognosa censura: cancellare l’identità per cancellare un Popolo e la sua Storia; una intera cultura che, col tempo, verrà esclusa, dimenticata grazie a mala politica, religioni che, ogniqualvolta issate a fanatismo, cecità vedente, ripetono gl’identici errori nonostante secoli, società. Rammento che mi trovavo in seconda elementare quando un ragazzino aveva preso a frequentare la scuola a metà anno scolastico.
Quando il mio compagno di classe, mite e buono, parlava in lingua sarda, l’unica che conosceva perché pastorello cresciuto tra pastori, dignitosi e poveri, la maestra lo metteva in punizione perché “Parlare il sardo era vergognoso…incivile. Si doveva parlare l’italiano come tutti”.
E sale grosso sotto le ginocchia oggi, schiaffi e altre umiliazioni domani, in Sardegna si è giunti al tristo obiettivo prefissato: le nuove generazioni non conoscono, o han dimenticato, la meravigliosa lingua sarda che, oramai, si tramanda solo oralmente giacché, seppure vantata, mai è esistita, per l’enorme varietà di lingue appartenenti ad ogni zona dell’isola, una ‘limba sarda unida’. Ma proprio in questo dettaglio vibrano bellezza e purezza di un popolo selvatico e magico, il mio…sempre indomabile, ancora indecifrabile per i più.
Artisti russi e vergognosa censura: se si voleva una scusante per provare a cancellare l’intera identità di un Popolo, ora è stata trovata. Un poco come accaduto nell’amata Penisola con le lingue di diverse regioni, le che compongono un’Italia unita in realtà mai stata, attraverso, appunto, la lingua italiana.
O con gli indiani d’America segregati, i sopravvissuti, in piccole oasi per la buona pace dei turisti facinorosi.
O in Amazzonia, dove gli autoctoni stanno vedendosi bruciare quel patrimonio verde che è il polmone del mondo e, in primis, il LORO mondo. Ora la domanda è: Quanto e Come deve muoversi lo scrittore quindi l’artista, per illuminare le coscienze in un mondo ossessionato da individualismo, corruzione e bugia, dal consumo?.
Sappiamo che, a volte, si deve continuare a camminare attraverso la vita non perché noi crediamo nella stessa, ma perché rappresentiamo un mondo per chi ci ama e segue; o soltanto perché è la vita stessa, ad amarci. Ancora: sapendo di fare Arte in una società che ne divora la bellezza ma votata a rifiutare la realtà, quanto può valere la pena creare, continuare a lasciare di Noi?La notizia è passata in sordina, nonostante scandalosa: poche settimane fa, e nella sua Inghilterra, l’università di Northampton, nell’approntare il programma del modulo di studio Identity Under Construction (identità in costruzione) ha censurato, tra gli altri testi, ‘1984’ di George Orwell. L’università ha avvertito gli studenti che alcune opere la cui lettura è prevista all’interno del corso contengono, cit.: “materiale esplicito” che potrebbe risultare offensivo e sconcertante. Oltre al capolavoro di Orwell, il cui approccio consiglio costantemente ai miei allievi alla stessa stregua di ‘Cecità’ di Saramago o il classico the Prophet del Gibran, sono stati censurati ‘V per vendetta’ di Alan Moore e David Lloyd, l’opera teatrale ‘Finale di partita’ di Samuel Beckett e il romanzo ‘Il sesso delle ciliegie’ di Jeanette Winterson.
Insomma parrebbe che questi testi, certamente dei classici illuminati per ogni buon lettore; trattino argomenti di cui non è educato parlare, come sessualità, razza e classe, violenza e, cit., : “idee politiche”.
Già da anni accaduto anche in Italia e nel silenzio di quella informazione tristemente unipolare che caratterizza la penisola, dove i testi scolastici, dalle classi primarie, sono stati privati dei più grandi pensatori quali, tra gli altri, la Montessori, Gramsci, Woolf, a favore, per esempio, di quell’eterno bambino che è Fabio Volo, o di una Michela Murgia, aspirante femminista da sciopero con Décolleté rosse tacco undici, addirittura di un Moccia, dai tratti notoriamente pedofili (ovvero come creare il fenomeno ‘best seller’ a tavolino, partendo da una matura perversione sessuale e da adolescenti con gli ormoni fisiologicamente a mille), o ancora di un Saviano, la più grande montatura della narrativa italiana marchettara; pluricondannato per plagio di opera altrui e votato, ahinoi, a infilare nella mente dei più inesperti l’idea di una mafia generosa, di capo branco della camorra come eroi da film.
Quest’ultimo con la complicità di quel PD populista e sempre in odore di elezioni; politica apparentemente vippona ma, in realtà, da Questione Morale.La lettura di 1984 sarebbe dunque pericolosa giacché potrebbe spingere l’indeciso lettore a porsi qualche pericolosa domanda sul presente; su come la distopia orwelliana è già qui e ora, impunita, tra lockdown veri o fasulli e guerre rigenerative di capitale. Manifestazioni della cultura woke -termine sull’andante mosso, utilizzato con l’intento di ridicolizzare e attaccare i movimenti giovanili progressisti-, ‘risveglio culturale’ che comporterebbe una devozione parossistica al politicamente corretto e che, in realtà, sfocia in una sua satira. Avanguardia del liberalismo, finisce per negarne tutte le premesse esaltando una Censura/Dio che purga il linguaggio o, peggio, osa inventarne di nuovo (leggi ‘schwa‘).Il potere cambia la storia a suo favore, schiacciando ogni pensiero critico; anche soltanto un’aspirazione di pensiero: e mentire a lungo su una storia, fa sì che la menzogna si faccia una seconda natura; e che una storia diventi LA storia.In realtà ‘Identità in costruzione’ è da interpretarsi come una cancellazione dell’identità, un catartico e nuovo rogo dei libri in nome del progresso dell’uomo.Arte: parola che include la meraviglia del Creato, quel Tutto che ci fa e pasce e null’altro v’è da aggiungere allo stupore della Bellezza. Arte, incanto che comunque si annulla di fronte al quesito eterno dell’uomo: chi siamo e da dove veniamo? Ovvero: Chi ha creato chi? Arte, sinonimo di purezza e sofferenza, ché il meccanismo che anticipa la creazione ha del selvaggio, magico.Arte come dolore costante, ché la sensibilità necessaria a recepire il Tutto attorno al fine di riportarlo fedele e nel contempo con stile proprio e unico, lo che fa il sangue, per l’appunto, del vero Artista; include il sopportare il mondo attorno, sentirlo nel minimo dettaglio: comprendere un dito mignolo che si solleva con grazia nel sorseggiare una tazzina da caffè, scarpe logore nonostante l’abbigliamento firmato, la voce che s’incrina impercettibilmente al pianto o la palpebra che trema, un sopracciglio di maestrina reputata avant-guard che s’inarca, feroce, di fronte a una minigonna inaspettata in fila al supermercato.L’artista non descrive l’albero, l’artista è l’albero; spia dal buco della serratura dove altri rabbrividirebbero.Davanti all’Arte cadono le maschere, almeno debbono o dovrebbero; prima fra tutte quella dello stesso Artista. Coerenza, studio e tecnica, talento di base che, purtroppo per qualcuno o per fortuna per altri, non s’insegna in certe improvvisate scuole a pagamento. E’ l’Artista, quello vero: nudo e puro, sovente insopportabile ai più ché troppo sincero in ogni sua espressione (ma come si può descrivere la merda se non come merda?); e il mondo è un’arena, aspra o meno, dove il leone si fa Re nel corso di anni e resistenza agli urti.In questa piccola, provinciale Italia, nata e addobbata dall’Arte millenaria dei più grandi sovente costretti, in vita, alla povertà estrema; persino sottoposti -tristo Karma?- alla derisione dell’ignorante.
Ah, italiano, mio italiano! Pecorella anarchica, popolo senza memoria…tu che con la stessa facilità con la quale ricopri di alloro, apponi il sudario della dimenticanza…tu che piangi per i morti, tutti eroi, anziché per i vivi nell’estremo bisogno, tu che non ami studiare o leggere eppure, ed è bizzarro, possiedi la convinzione di sapere.
La superbia tipica di ogni uomo parallela soltanto alla sua sciocca, e continua, ricerca di una felicità attraverso la mera possessione di beni, come un figlio unico viziato e bizzoso che impila i mattoncini Lego più colorati e, mai contento, ne chiede ancora e ancora, sempre di nuovi, pure arriva a rubarli al compagno di giochi e mai gli bastano per costruire neanche lui sa cosa.Felicità che davvero esiste se solo si trova il coraggio di guardare in faccia i propri fantasmi, di uscire dalla caverna platonica per godere della vera luce del vero sole… è scavo interiore metodico, noioso, è un puntuale limare la pietra grezza attraverso studio e autocritica feroce.
Fare Arte, vera e specchio della realtà: vale la pena, oggi? Sacrificare, sopravvivere, guardare per zittire e in nome di cosa, di chi?.
Per la purezza di una statua eterna e meravigliosa e nuda come la vera Arte ma che, forse, un giorno verrà coperta a causa della vergogna e il pregiudizio di un miserabile uomo qualunque.
*Scritto ricevuto direttamente da Giovanna Mulas tramite social network; tutti i diritti riservati.
**Foto ritratto “Giovanna Mulas” di Fabio Collari; tutti i diritti riservati.