… di Zairo Ferrante
Accolgo con estrema soddisfazione e con ritrovata serenità la notizia, diramata pochi giorni fa, che la collaborazione tra l’Università degli Studi di Bologna e quella di Oxford ha prodotto un rapporto con il primo approccio mondiale per aiutare le organizzazioni a rispettare i futuri regolamenti sull’Intelligenza Aartificiale (AI) in Europa.
Un lavoro – curato tra gli altri da Luciano Floridi, Matthias Holweg e Mariarosaria Taddeo – unico nel suo genere e che “sosterrà le imprese a rispettare la proposta di legge Europea sull’intelligenza artificiale (AIA) del 2021, e a prevenire o ridurre al minimo i rischi che l’AI si comporti in modo non etico e danneggi gli individui, le comunità, la società in generale e l’ambiente”.
Ora immagino che alcuni di voi, specie quelli che ci seguono da poco tempo, si staranno chiedendo perché rilanciare tale notizia su un sito che tratta prevalentemente di poesia e arte?
Beh, la risposta è contenuta nella mission del movimento dinanimista che, nella sua accezione di “Futurismo rovesciato”, ha sempre cercato di proporre e difendere un’arte che esortasse la collettività a restera “uomini tra le macchine”, considerando la possibile “de-umanizzazione” ( o “Agere sine intelligere” proprio per citare il Prof. Floridi) tra i peggiori rischi da scongiurare nell’era dell’ipertecnologia.
Fiducioso che in tutti i campi del sapere umano, dall’arte alla medicina, si riesca a gestire nel migliore nei modi possibili quest’era di profondi cambiamenti, concludo questo mio post con un consiglio di lettura: “Intelligenza Artificiale” di Luciano Floridi e Federico Cabitza (Bompiani 2021).
Nel suo intervento, il Prof. Floridi sottolinea come l’uomo stia tentando di ri-modellare e ri-pensare il mondo e lo spazio ad immagine e somiglianza delle macchine
” Io stesso ho modificato il giardino per assicurarmi che il robot potesse tagliare l’erba senza incastrarsi in un angolo o uscire dal perimetro o bloccarsi in un’area scoscesa. Allo stesso modo quando parliamo di città intelligenti (smart cities) intendiamo anche dire che stiamo trasformando gli habitat sociali in luoghi in cui l’AI può operare con successo …pg. 157″.
La questione viene affrontata considerando una separazione tra tra intelligere e agere:
“non è mai stato possibile prima d’ora avere successo nello svolgimento di un compito senza essere intelligenti almeno come un cane pastore. Abbiamo modificato una delle equazioni fondamentali su cui si è sempre basata la storia umana, quella che identifica l’agire con l’agire naturale, almeno biologico se non umano. Questa riscrittura di un’equazione così importante è problematica (pg. 150) […]
L’agere dell’AI non è riconducibile a un semplice facere di un terremoto e assomiglia molto di più al “comportarsi” di un agente biologico, con la differenza fondamentale che si tratta di un agente le cui caratteristiche di fondo sono disegnate e approvate da altri agenti umani , sui quali si trasferisce quindi la responsabilità dell’agere artificiale. La conseguenza è che l’AI non sposta o diminuisce la responsabilità umana, ma la ingigantisce enormemente. L’AI è figlia di un dio minore, l’umanità, che spesso sa creare più di quanto non sappia poi gestire al meglio. (pg. 152) […]
Le conseguenze dell’avvolgere il mondo per trasformarlo in un luogo amico dell’agere artificiale sono molte […] ma una in particolare mi sembra molto significativa e ricca di conseguenze […] gli esseri umani possano diventare inavvertitamente parte del meccanismo comportando non solo una separazione tra agere ed intelligere, ma un’inversione della relazione tra i due, mettendo l’intelligere al servizio dell’agere (pg. 166) […]
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