Con una pietra al collo
sognai di volare,
snocciolando nel vento
il mio corpo-crosta,
un rosario di pepe,
aglio nero, cannella.
Non ho mai saputo
d’esser così bella,
e quello che a te
sembra dolore,
nel volo, per me,
è una cascata.
Il rosario che sgrano
a volte è bestemmia,
a cielo terso,
nell’utero-terra,
dentro un sogno
che si chiama speranza.
Perché del mare
io sono la dea,
la donna-fenice
che arde
senza bruciare,
donna-pietra illesa
anche quando marchiata
da cocente dolore:
donna matrice,
donna labbra morse,
donna a squarciagola,
donna motrice e sorgente,
donna che sembra non finire.
Giancarlo Nārāyaṇa Fattori
*Versi ricevuti direttamente dall’autore; tutti i diritti riservati.