2° Manifesto 2009
DINaNIMISMO E POESIA INTESA COME DINaNIMA
Sento la forte necessità di chiarire il significato dei concetti di Dinanimismo (movimento poetico rivoluzionario delle anime) e di Poesia intesa come Dinanima, onde evitare che il mio continuo parlare di “movimento poetico” possa essere frainteso o scambiato per un atto di presunzione.
Tranquillizzo tutti! Non ho la pretesa di stravolgere la Poesia e criticare chi abilmente scrive da anni per professione, sia perché nutro immensa stima nei confronti di Questi, sia perché non credo di essere nelle condizioni di poterlo fare, e per età e per vocazione.
Il termine “movimento” deve essere inteso come una “quasi provocazione” volta a far riflettere sul perché si assiste, specialmente da parte dei più giovani, a un allontanamento dalla Poesia ritenuta, sempre più spesso, una forma di scrittura incomprensibile, o addirittura vecchia e fuori moda.
Ovviamente, non possiedo risposte assolute o inopinabili; ma credo che non sia stato l’uomo ad allontanarsi dalla poesia, ma piuttosto il contrario.
Da alcuni anni a questa parte, il fare Poesia si è allontanato dal fare immagine non riuscendo neanche a “fare Anima”.
A tal proposito, riporto le parole di James Hillman rilasciate in una Sua intervista tanto illuminante da divenire uno splendido saggio edito da BUR “Il piacere di pensare. Conversazione con “Silvia Ronchey”. “… I grandi epici, e anche i poeti di oggi non usano astrazioni.
Cercano di esprimere il mondo interiore con immagini e suoni molto precisi e concreti.
I nostri sogni però non dicono <paura> o <sesso>, nei sogni incontriamo eventi e immagini… Ciò che la psiche fa per prima cosa è presentare la sua interiorità nei sogni… non in parole, non in concetti, non in sentimenti: in immagini! Quindi se l’attività primaria e congenita della psiche è <fare immagine>, poiesis in greco, allora la psicologia deve essere prima di tutto uno studio dell’immaginazione…”
Ecco che il mio parlare di “DinAnimismo” vuole essere un’esortazione a ritornare a una Poesia capace di smuovere le anime servendosi, semmai, di parole semplici e immagini immediate in grado di mettere il lettore in condizione di raggiungere, con la fatica dell’immaginazione e della riflessione, la “personale emozione”. Poesia che adotti un linguaggio consono a quello dell’anima.
Non parole come serenità e tranquillità, ma il “naufragare dolce” Leopardiano.
Non la parola Amore, ma immagini di gioia, fatica, difficoltà, ansia, che unite danno una precisa sensazione, quella che l’anima definisce Amore.
Poesia come fedele Cicerone che, accompagnandoci lungo la strada più ardua e difficile, ci conduca alla riscoperta dell’anima interiore ed esteriore, fondendo esse in un’unica e dolce musica.
Ovviamente, questa non è cosa semplice, riconosco che non sempre sia facile per il Poeta creare una Poesia o addirittura un intero libro fatto di “immagini pure”, ciò che auspico è un “semplice tendere” della Poesia verso l’anima (da me definita come “Dinanima”) in modo da suscitare nell’animale-uomo l’interesse e, soprattutto, il piacere nel metabolizzare l’immagine e sviluppare l’emozione.
Contrastando, in questo modo, quella superficialità che sempre più frequentemente usiamo nell’approcciarci agli avvenimenti quotidiani che si susseguono nella nostra vita.
Se vogliamo, è come mangiare un piatto pronto solo da riscaldare al microonde rispetto a mangiare un piatto che abbiamo, con fatica, preparato con le nostre mani partendo dai singoli ingredienti consigliatici da un amico.
Credo che solo in quest’ultimo caso si possa riscoprire il vero piacere del cibo e del mangiare.
Zairo Ferrante
(pubblicato ne “I Bisbigli di un’anima muta” – CSA ed. 2011)